Ironman Hawaii 2017: la storia di Jan Frodeno.
L’articolo di oggi è di Dario Nardone che, insieme ad altri neo e futuri Coach, fa parte del progetto CANTERA di Ekis: un progetto di formazione appositamente pensato per offrire, a chi sta per diventare Coach, competenze e strumenti in più.
Elementi per lavorare con efficacia, professionalità con le persone e suggerimenti utili per inserirsi con ancor più facilità nel mercato del Coaching.
CANTERA è un vero e proprio vivaio di Coach a cui teniamo tantissimo.
Un progetto curato dal nostro Trainer Andrea Zavaglia.
Un Team composto da persone di grande valore: ragazzi e ragazze a cui oggi vogliamo dare voce.
Dario, atleta e grande appassionato di Triathlon, ci racconta alcuni momenti salienti di IronMan Hawaii 2017: una gara che vede protagonisti sportivi di grande calibro.
Persone da cui si può imparare davvero tanto.
LA GARA PIÙ FAMOSA: SI DEVE DARE TUTTO.
È il 14 Ottobre, siamo a Kona, Isole Hawaii: Jan Frodeno è in acqua con altri 51 atleti professionisti.
Tutti pronti per il colpo di cannone che darà il via al 41° Mondiale Ironman.
È la gara più famosa al mondo di Triathlon, quella che fa sognare gli sportivi di tutto il pianeta con le sue storie: fatte di sudore, fatica e gloria.
Jan Frodeno ha vinto le ultime due edizioni della rassegna iridata ed è il favorito.
L’uomo di riferimento che, nella sua carriera, ha vinto anche una medaglia d’oro olimpica a Pechino 2008.
Per tutti i 3.800 metri di nuoto lui è già protagonista, sempre nelle prime posizioni.
E’ in testa, pronto a salire in bici.
Non ci si può risparmiare, si deve dare tutto.
Re Jan è a suo agio quando è necessario essere sul pezzo: pedalata dopo pedalata, chilometro dopo chilometro, lavora con muscoli e testa in maniera egregia.
Riesce a trovare equilibrio tra sforzo fisico e tattica di gara.
GESTIRE LA GARA E ATTINGERE RISORSE.
Da dietro arriva il suo avversario numero uno, Sebastian Kienle: l’uomo contro cui Jan ha sempre battagliato negli ultimi anni, sconfiggendolo senza dargli mai scampo.
Sebastian arriva e lo sorpassa.
Jan rimane impassibile: continua a lavorare seguendo il suo ritmo, sornione.
Decide di stare lì, in una posizione che gli consenta di gestire al meglio la gara, per poter attingere in ogni momento a tutte le sue risorse.
Dopo i 180 km in bici, Jan è perfettamente a suo agio, nel flow, con un’espressione del viso che fa percepire la tranquillità assoluta del campione che sta dando il meglio di sé.
È pronto per affrontare la maratona, di cui ha grande rispetto e che è sempre stata sua amica fedele:
42 chilometri e 195 metri di corsa, che dividono Jan da quella meravigliosa finish line, dal terzo successo di fila.
CORRERE PER RISPETTO E GRATITUDINE.
L’attesa è tutta per lui.
Tutti lo sanno, se lo aspettano: presto si andrà a riprendere la corona, la testa della gara.
All’improvviso però arriva un’immagine che è un pugno nello stomaco.
Il commentatore al microfono è sgomento!
Jan sta camminando!
Jan si ferma!
Il campione del mondo è in preda a dolori muscolari fortissimi alle gambe.
E’ costretto a sedersi, cerca di massaggiarsi.
Ha le mani sulla testa, è disperato.
Dicono che si sia ritirato, ma non è così: ha ripreso a correre.
La vittoria è ormai lontana ma Jan sta correndo per sé stesso, per onorare la sua partecipazione.
Sta correndo per il pubblico che lo acclama e lo applaude.
Sta correndo per rispettare i suoi avversari.
Sta correndo per gratitudine, perché lui è lì: da campione del mondo al campionato del mondo.
UN GESTO DA VERO CAMPIONE.
In testa ora c’è Patrick.
Jan, dall’altra parte della strada, prima rallenta e poi si ferma per attenderlo.
Lo applaude, lo incita e gli dà una pacca sulla schiena, benedicendo la sua vittoria.
Patrick va a vincere, incredulo.
Festeggia.
È lui il nuovo campione del mondo IronMan!
Dopo più di un’ora arriva anche Re Jan.
Saluta il suo pubblico, sul suo viso c’è certamente delusione.
Ripartirebbe un secondo dopo e, molto probabilmente, vincerebbe!
Dovrà invece pazientare.
Dovrà aspettare un anno per riprendersi il suo trono.
RIALZARSI E ANDARE FINO IN FONDO.
Una storia di sport che racconta di una sconfitta, dolorosa e faticosa da digerire.
Una sconfitta vissuta fino in fondo, senza scorciatoie, accettata in tutte le sue sfaccettature.
Jan poteva fermarsi, nascondersi, scappare in un luogo lontano e leccarsi le ferite.
Avrebbe, dai più, avuto comprensione e accettazione.
Ha scelto invece di rialzarsi e andare fino in fondo, di portare a termine il suo lavoro.
Perché? Perché ha compreso che quella era la sua strada!
La strada di chi lotta per realizzare il proprio sogno.
La strada di chi si assume la responsabilità senza cercare scappatoie.
La strada di chi, in una sfida, sa ammettere di aver perso e gioisce per la vittoria del suo avversario.
Una strada lastricata di sofferenza mentale, fisica, di lacrime e sconforto.Una strada che Jan ha scelto di percorrere con determinazione feroce fino in fondo, fino all’ultimo metro.
Lui lo sapeva, se lo sentiva: era necessario passare sotto quel meraviglioso arco del traguardo, che l’aveva fatto impazzire di gioia per due anni di fila, per smettere di soffrire e dare il via alla sua rinascita.
Patrick è stato grande, applausi al campione del mondo, sono felice per lui.
E sono felice per me, per essere qui e perché so che tornerò qui, tornerò a riprendermi la mia corona!
Questo si chiama obiettivo!
Espresso in maniera chiara, fissato nel tempo e già reale nella sua mente.
Lo si legge chiaro nei suoi occhi.
Re Jan è già ripartito, ha già ricominciato a correre.
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